Categoria: Certificazione delle competenze

La certificazione delle competenze nel primo ciclo di istruzione. Licenziati i modelli definitivi in vigore dall’a.s. 2017/18 con il D.M. n. 742/17

LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE NEL PRIMO CICLO DI ISTRUZIONE. LICENZIATI I MODELLI DEFINITIVI CHE ENTRANO IN VIGORE DALL’ A.S. 2016/17 CON IL D.M. N. 742 DEL 03/10/2017

Il decreto delinea la struttura generale del modello nazionale di certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e del primo ciclo di istruzione, che non si discosta sostanzialmente da quella assunta dal modello sperimentale proposto dal MIUR nell’a.s. 2016/17. Il D.M. n. 742 del 3 ottobre 2017 licenzia i modelli di certificazione al termine della primaria e del primo ciclo che entrano in vigore a regime di obbligatorietà dall’a.s. 2017/18.

 

Viene quindi riproposto l’ancoraggio diretto alle otto competenze chiave europee, che compaiono in prima colonna; esse vengono descritte dalle competenze generali del Profilo finale dello studente, riportate nella seconda colonna. La formulazione originale delle Indicazioni è stata semplificata nel linguaggio per facilitarne la lettura all’utenza e anche per ricondurre le dodici dimensioni del profilo alle otto competenze chiave.  Viene riproposto lo spazio libero ad uso della scuola per documentare eventuali speciali talenti evidenziati dall’allievo anche in contesti extrascolastici. La terza colonna è riservata alla valutazione, da esprimere in una delle quattro lettere A,B,C,D, corrispondenti al livello evolutivo evidenziato dall’allievo e sinteticamente descritto nella rubrica generale. I quattro livelli (A = avanzato; B = intermedio; C = base; D = iniziale) conservano tutti la formulazione positiva tipica delle rubriche di competenza e ricordano la progressione dei livelli del modello europeo EQF.

Molto dibattito hanno sollevato, anche durante la sperimentazione, le certificazioni da dare in corrispondenza della competenza Comunicazione nelle lingue straniere, considerato il fatto che nella secondaria di primo grado si impartisce l’insegnamento di due lingue straniere con orari però differenti e che pertanto generano solitamente, alla fine del percorso, abilità diverse tra prima e seconda lingua. La stessa difficoltà viene evidenziata per la competenza relativa ai linguaggi artistici, afferenti all’ottava competenza chiave, dato che essa ha alle spalle competenze culturali riferite a discipline diverse (musica, arte, motricità). Ciò denota, in parte, la difficoltà di affrancarsi da una prospettiva di valutazione di profitto disciplinare, per accostarsi alla rilevazione di competenze più olistiche e complesse. L’enunciato del Profilo riguardante le lingue straniere, prende già in esame la differente situazione dei due insegnamenti. Mentre per la lingua inglese ci si riferisce al livello A2 del Quadro comune europeo e si chiama in causa anche l’utilizzo nelle TIC, per la seconda lingua si considera già un livello essenziale, tale da condurre semplici comunicazioni di vita quotidiana. E’ chiaro, quindi, che l’attenzione prevalente è sulla competenza comunicativa in lingua inglese, che deve essere valutata e certificata anche in coerenza con il Quadro di riferimento comune europeo. Per la seconda lingua, è da considerarsi “avanzata” anche  una capacità di comunicazione essenziale, centrata sui contesti abituali e noti di vita quotidiana. Va pertanto valorizzata e certificata in modo conseguente la competenza comunicativa meglio sviluppata, che si presume ancorata alla lingua inglese, dato, solitamente,  il maggior tempo d’uso.

Il riferimento al livello A2 non deve essere inteso come certificazione linguistica in senso stretto, che è di competenza degli enti certificatori esterni, anche se ormai numerose scuole attivano percorsi opzionali per il conseguimento della certificazione per i propri alunni. Tuttavia, tale scelta rappresenta un arricchimento dell’offerta formativa, ma non rappresenta l’ordinario. La formulazione va intesa nel senso che gli alunni dovrebbero essere portati, alla fine del ciclo, nel maggior numero possibile, a possedere le abilità e le competenze previste nel livello A2 del QCER. Coloro che conseguono tale padronanza, meriteranno i livelli A o B, gli altri quelli successivi, a seconda della propria capacità comunicativa.

Un punto di vista simile è da osservarsi per le competenze di espressione culturale e artistica. Si darà risalto alle competenze espressive dove l’allievo meglio risalta. Certamente, proporre laboratori dove i linguaggi artistici concorrano tutti sarebbe l’ideale, poiché esperienze siffatte permetterebbero di rilevare anche competenze sociali e civiche e di comunicazione linguistica e sarebbe molto più facile valutare e certificare il contesto olistico proposto dal modello.

Altro dubbio, specie alla primaria, riguarda la valutazione e certificazione delle competenze digitali, soprattutto nei casi in cui la scuola non disponga di dotazioni sufficienti per far lavorare i bambini. Tali riserve denotano la necessità di ripensare l’approccio alla competenza digitale. I linguaggi digitali informano la nostra società in modo massiccio e i bambini, fin dai primi anni, ne sono immersi. Possiamo essere tutti d’accordo sulla inopportunità di dotare bambini piccoli di dispositivi digitali, specie se connessi alla rete e di non consentirne loro comunque l’utilizzo se non per tempi molto limitati. Tuttavia, è necessario educarne l’uso fin dai primi anni, in modo che venga effettuato con responsabilità e senso critico. La competenza digitale è costituita solo in parete minoritaria dalle abilità tecniche nell’uso dei dispositivi e dei software, che pure vanno insegnate. Una parte maggiore e più rilevante è costituita dalla capacità di reperire informazioni da fonti autorevoli, di vagliarle, valutarle, metterle a confronto e in relazione con altre, organizzarle e recuperarle al bisogno. Un’altra parte, importante quanto l’accesso all’informazione, è la responsabilità nell’uso del mezzo, in modo da non recare danno ad altri o a se stessi.

Molte abilità connesse al pensiero computazionale prescindono dalla presenza di dispositivi. Si tratta di capacità di tipo logico, di analisi, scomposizione e ricomposizione di situazioni al fine di risolvere problemi. Tali abilità, che sono importantissime, possono essere sviluppate anche in contesti di problem solving generali e sviluppati “su carta”, mediante schemi, diagrammi di flusso, mappe. Molto feconde sono le situazioni in ambito scientifico e tecnologico, anche se la costruzione (o decostruzione) in fasi di un testo, a ben pensare, si presterebbe altrettanto bene. Si pensi anche alla costruzione degli “ipertesti”, che necessitano di essere prioritariamente pensati e progettati a priori attraverso mappe non necessariamente rappresentate attraverso le macchine.

L’utilizzo delle macchine anche al fine di collocarvi i lavori di analisi e rappresentazione effettuati senza di esse è importante, ma può essere realizzato, in presenza di situazioni di carenza, con una LIM o con un PC collegato ad un videoproiettore. Con il progredire dell’età dei ragazzi, si può ricorrere ai dispositivi di loro proprietà (l’approccio BYOD) fino ad un utilizzo virtuoso dei cellulari di cui tutti i preadolescenti e gli adolescenti dispongono. Un’educazione all’ uso virtuoso e didattico del cellulare come efficace strumento di lavoro, può anche fungere da contenimento all’uso scriteriato che spesso i giovani ne fanno.

Tutto ciò, per rammentare che dal digitale non si può prescindere fin dai primi anni. Le tecnologie della comunicazione e dell’informazione sono pervasive e la competenza nel loro uso consente l’esercizio della cittadinanza e dell’inclusione sociale. Sta alla scuola educare il pensiero critico, l’approccio consapevole alle fonti, l’uso responsabile degli strumenti. Le derive comunicative, gli episodi di cyberbullismo, l’imbarbarimento delle relazioni, la diffusione acritica di notizie false e spesso finanche pericolose che si registrano quotidianamente sui social network ci dovrebbero far capire che non si può perdere altro tempo. La competenza digitale va educata fin dall’infanzia e pertanto può essere validamente certificata sin dal termine della scuola primaria.

L’utilizzo delle tecnologie nella didattica, inoltre, per essere efficace, deve connotare una modifica dell’ambiente di apprendimento, non può risolversi nell’uso dei dispositivi per proiettare le lezioni frontali, vedere qualche filmino o documentario, consultare il testo in formato PDF. L’uso dei dispositivi acquisisce senso se permette ai ragazzi di ricercare informazioni per risolvere problemi ed effettuare indagini, di progettare e costruire manufatti in un contesto sociale e cooperativo con sempre maggiore autonomia in ragione del progredire dell’età.

Queste considerazioni, unite a quelle dei paragrafi precedenti, ci aiutano a comprendere che la certificazione della competenza, per dirsi reale e fondata, richiede una didattica e un ambiente di apprendimento che ponga l’alunno in azione, in compiti in cui, insieme ad altri, rifletta sul proprio apprendimento, eserciti in autonomia indagini e ricerche; realizzi progetti, pianifichi attività, risolva problemi, utilizzando le conoscenze e le abilità già possedute e conseguendone di nuove.

E’ anche opportuno avere a disposizione rubriche che descrivano i quattro livelli di padronanza per ciascuna competenza certificata. Qualora vi siano curricoli organizzati per competenze chiave che contengano anche le rubriche di padronanza, esse potranno agevolmente costituire il riferimento anche per la certificazione.

La raccolta delle attività così condotte e l’osservazione dell’evoluzione nella padronanza effettuate sistematicamente in tempi medio-lunghi consentiranno di esprimere una fondata valutazione alla fine della primaria e del ciclo. Nel frattempo, nelle valutazioni intermedie e finali di ogni anno, l’osservazione degli alunni nei contesti di lavoro sarà comunque servita a formulare valutazioni di profitto più ricche e articolate, alla luce dei maggiori elementi offerti dalle situazioni più complesse in cui i ragazzi si saranno cimentati. Le valutazioni, sia di profitto che di competenza, sono sempre collegiali. Solo il concorso di punti di vista differenti, portati da persone che hanno potuto vedere gli alunni agire in situazioni e contesti diversi può pervenire ad una valutazione accurata e attendibile. Questo, se è vero per il profitto, lo è in misura maggiore per le competenze, perché insegnanti differenti potranno anche verificare se gli alunni si avvalgono, nelle situazioni da essi proposte, di risorse e saperi offerti in altri contesti (ad esempio se in una discussione su un tema sociale, viene condotto un ragionamento con il metodo scientifico; se vengono utilizzati strumenti matematici o, viceversa, se di fronte ad un tema scientifico o tecnologico vengono evocati apporti letterari, storici o artistici).

A titolo di mero esempio, al seguente link , è reperibile uno strumento utile per la formulazione della certificazione finale, strutturata per descrizioni di sviluppo della competenza nei quattro livelli previsti dai modelli della primaria e della secondaria di primo grado.

Molto singolare è parsa la “censura” operata nel modello di certificazione licenziato con il D.M. 742 alla denominazione della settima competenza chiave, che compare solo come “Spirito di iniziativa”, senza il termine “imprenditorialità”. Ciò risponde ad una riserva posta dal CSPI nel proprio parere obbligatorio del 20 settembre 2017 che riteneva poco rispondente all’età degli allievi del primo ciclo il termine “imprenditorialità” e proponeva di sostituirlo con “capacità progettuale”. A nostro parere la censura pare discutibile, poiché la capacità progettuale è solo uno degli aspetti della settima competenza. Conveniamo che una migliore traduzione in italiano poteva essere “intraprendenza” e tale termine poteva essere adottato senza ridurre il significato  indicato dalla Raccomandazione del 2006 e nel contempo venendo incontro alle riserve del CSPI. L’intraprendenza, intesa come capacità di individuare e risolvere problemi, agire in modo flessibile e creativo, prendere decisioni, operare scelte,  e anche pianificare e progettare, pare indispensabile per la cittadinanza, la possibilità di incidere sulla realtà, la resilienza.

Cassare il termine ci pare francamente poco comprensibile e forse un poco ideologico.

Il modello della scuola secondaria di primo grado è integrato da una sezione, predisposta e redatta a cura di INVALSI che descrive i livelli conseguiti dall’alunno nelle prove nazionali di italiano e matematica. Una ulteriore sezione certifica le abilità di comprensione e uso della lingua inglese in esito alla relativa prova nazionale.

Il repertorio dei descrittori relativi alle prove nazionali è predisposto da INVALSI e comunicato annualmente alle istituzioni scolastiche.

Per gli alunni con disabilità, il modello nazionale può essere accompagnato, ove necessario, da una nota esplicativa che  rapporti il significato degli enunciati relativi alle competenze del profilo dello studente agli obiettivi specifici del piano educativo individualizzato.

Ciò significa che potranno essere utilizzati i quattro livelli di padronanza previsti per tutti gli alunni, attribuiti sulla base del PEI, ma che si potrà, ad esempio, allegare un documento che specifichi, con apposite rubriche, il significato dei livelli A,B,C,D per i diversi alunni certificati.

Per gli alunni con lieve disabilità che possono seguire percorsi solo in parte e lievemente differenziati, potrà invece essere utilizzato, a giudizio dei docenti, il modello standard, così come esso può certamente essere utilizzato per gli alunni con DSA.

All. A modello certificazione_primaria

All. B modello certificazione_primo ciclo

DM 742_03/10/2017

Profilo_livelli_DM_742